Eco delle Foglie

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    Indice dell'Eco delle Foglie
    L'Eco delle Foglie è un'iniziativa creata per permettere agli utenti di contribuire nell'arricchire la worldbuilding di Kharlan con aneddoti o informazioni che sono state presentate nelle schede dei personaggi e che potrebbero aiutare altri utenti nella stesura delle loro schede o, più in generale, per dare spunti utili per le role. Tutte le informazioni all'interno di questo topic sono state visionate e approvate dallo staff di Kharlan GDR, pertanto non troverete modifiche alla worldbuilding o contenuti che vanno contro ciò che già è disponibile nei vari topic in Ambientazione.

    NB ― Il topic de L'Eco delle Foglie è stato suddiviso in post, uno per ogni nazione, per poter mantenere un certo ordine e aiutare gli utenti nella navigazione, se alla ricerca di un'informazione specifica. Pertanto vi invitiamo a fare uso dell'indice per una navigazione più rapida e scorrevole. Ogni pulsante vi porterà al post che vi interessa e da lì dovrete navigare tra le categorie utilizzando il menù a sinistra.
     
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    [ Horai ] Eco delle Foglie
    La sanguisuga di Hachidori.
    "[...] Stavo tornando a casa quando sono stata aggredita. Credo fosse un uomo, ma era buio e non l'ho visto in faccia. Mi ha... "morso" sul collo e ho perso i sensi quasi immediatamente; quando mi sono svegliata ero circondata dai fiori della riparazione e c'era la polizia. A dire il vero ho i ricordi annebbiati e non so bene cosa sia successo, però sono certa fosse la Sanguisuga. No, non è una diceria, le persone spariscono qui. Da quindici anni. [...]" ━ Yu Ming.
    Le testimonianze sono poche e le prove ancora meno: così si presenta l'enigma de "La Sanguisuga di Hachidori", possibile serial killer sconosciuto e attualmente ricercato dalle autorità per vari rapimenti e omicidi che da circa quindici anni si susseguono nelle zone del golfo di Xi'ian e Ryūgū-jō.
    Una sinistra figura avvolta nel mistero, movente ignoto e origini incerte, il nome gli è stato affibbiato a causa del suo caratteristico modus operandi, che lo vede bucare la pelle delle sue vittime con i denti per berne il sangue.
    Ad oggi, l'ipotesi più in voga è che si tratti di un mutaforma insetto (una zanzara o un rostro) oppure un qualche altro animale ematofago, come una lampreda, un pipistrello o - appunto - una sanguisuga. I suoi omicidi sono raramente violenti, tutte le vittime ritrovate sono state dichiarate morte dissanguate per carenza di ossigeno al cervello, senza evidenti lesioni sul corpo tranne una ferita da "morso" in corrispondenza della giugulare, fattore che per lungo tempo ha spinto la polizia a supporre che tale comportamento fosse frutto di un istinto naturale simile alla necessità di nutrirsi. Alcuni profiler sostengono, tuttavia, il più generale pensiero che l'assassino sia solo esageratamente cauto e le tracce lasciate siano "errori" che non avrebbe avuto possibilità di cancellare.
    Gli sono state attribuite 5 vittime certe, di cui tre sopravvissuti, ma è sospettato il suo coinvolgimento in almeno ulteriori 12 sparizioni. La quasi totalità dei superstiti ha riportato di non aver sentito necessità di chiamare aiuto in seguito all'aggressione, pertanto è supposto l'uso di qualche droga, sebbene esami e autopsie non abbiano mai trovato tracce di stupefacenti nei corpi delle vittime.
    Le attestazioni riportano sembri prediligere donne adulte, raramente uomini, e che si tratti di un uomo dalla corporatura esile, probabilmente di età compresa fra i 28 e i 36 anni. Fra gli indizi più importanti vi è la testimonianza di un hankan negativo, che dopo esser stato attaccato sembra aver costretto l'assassino alla fuga, possibilmente a causa del sangue velenoso. Il serial killer è in successione sparito e la sua morte è tutt'ora argomento di dibattito.
    Il 19 Hangye 1024, la comparsa di un'ulteriore vittima ha fatto scartare l'ipotesi, ma oltre alla classica ferita in corrispondenza del collo, alla vittima era stata tolta la silpetit, comportamento nell'assassino mai osservato prima. È stata la prima volta in cui il criminale si è firmato, lasciando una sanguisuga viva sul cadavere della vittima. È dubbio se si tratti di una provocazione rivolta alla polizia, oppure sia solo un vago tentativo d'imitazione da parte di un fan troppo sfegatato.


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    Il mistero della casa sulla collina, Taiyang • Malin 1012
    Nella notte fra il 7 e 8 Malin 1012, tredici ragazzini di età compresa fra i quindici e i diciotto anni sono scomparsi in una baita abbandonata nei pressi di Suzhou, un villaggio sulle colline Hongchu nelle vicinanze di Taiyang.
    La segnalazione emerge dal resoconto di un unico testimone secondo il quale i ragazzi si sarebbero recati fuori paese all'insaputa dei genitori per organizzare una prova di coraggio che avrebbe avuto come tema l'evocazione degli spiriti. Il testimone, facente parte del gruppo, ha inoltre riportato di esser stato attaccato da un "mostro" assieme agli amici: a seguito di tale colluttazione avrebbe perso un seme yggdrasill e si sarebbe risvegliato nel cottage deserto.
    I residenti del villaggio hanno confermato che la baita era abbandonata da oltre cinquant'anni. L'inquietante e misteriosa coincidenza delle attività quotidiane bruscamente interrotte, nessun indizio di violenza e l'assenza di altre tracce nei dintorni ha confermato la veridicità di tali parole, scagionando il testimone dalla lista dei sospettati a cui era imputabile la sparizione e ha richiesto l'intervento dell'ispettorato magico. Perlustrazioni successive non hanno, tuttavia, trovato ulteriori scie di fiori, sangue o impronte, segno che nessun'altra riparazione debba essere avvenuta. La capanna conteneva ancora alcuni dei beni personali dei giovani, principalmente snack, cellulari e alcuni sacchi a pelo, proprio come se la casa li avesse inghiottiti nel nulla.
    Che una persona singola possa scomparire senza lasciare alcuna traccia è una cosa abbastanza inusuale, ma allo stesso tempo plausibile; è anche possibile che a volte a scomparire possano essere un paio di persone con elementi in comune, anche se è un caso più raro, ma possibile che possano scomparire nel nulla e senza lasciare tracce nuclei di persone facenti parte di intere cittadine?
    Il caso rimane irrisolto, nonostante due indagini condotte negli anni successivi.


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    Fenghuang, Ukiyo-kai • comunità Rakhavālā.
    Arroccato sulle colline del Kai di Ukiyo, Fenghuang è un villaggio di circa tremila abitanti, oggi facente parte della comunità Rakhavālā. Costruito a ridosso di un fiume chiamato Xijiang, che lo taglia in due e diversi chilometri dopo si getta nel lago Sayaka, sembra un sogno uscito da un vecchio dipinto hori: circondato da risaie e terrazzamenti che sfumano via via in fitti boschi di betulle e conifere, è caratterizzato da una lunga tradizione culturale che ha sempre visto i draghi al centro di essa. Non è un villaggio grande, ha un'unica via centrale che i residenti chiamano Sakaimachi Dōri, sempre piena di mercati tipici e dove il tempo pare essere sospeso da decenni; tutta la cittadina si può attraversare a piedi da parte a parte in meno di due ore, ma ha il suo fascino storico che nessuno sembra poter buttare giù: le case tradizionali in legno che viste da lontano nelle giornate nebbiose sembrano fluttuare sull'acqua, caratteristici ponti in pietra, barche di legno, pagode, vicoli lastricati e persino due antiquate torri di avvistamento che sembrano risalire alla fondazione del villaggio e oggi fanno da museo.
    Nel villaggio ci sono piattaforme e palchi teatrali che ancora oggi - soprattutto nelle notti estive - si animano con rappresentazioni e canzoni popolari eseguite dagli abitanti del paese in abiti tradizionali, maschere, trucco, tatuaggi e fermagli decorati. Dedicate per lo più ai draghi e al culto di Baldros, il più importante è lo "Shubun no Hi", una festività locale che cade il 6 di Malin, il giorno dell'equinozio di primavera e festeggia il risveglio dal letargo dei Liefhę, i draghi associati alla suddetta stagione.
    La cittadina è comunque progredita nel tempo e ha sviluppato nuove attività che hanno consentito non solo di star bene oggi, ma anche di avere le risorse necessarie per conservare tutto quanto era esistente e rappresentava la storicità del luogo. Insomma, vi potete scordare i distributori automatici, ma non vi mancherà di certo l'acqua calda! Negli anni - malgrado i desideri dei nativi - Fenghuang è diventata persino una meta turistica. La comunità non è chiusa nei confronti degli stranieri, ma i turisti chiassosi non sono visti di buon occhio: non esistono alberghi o hotel, solo un paio di ryokan a conduzione familiare, tuttavia, se siete educati nessuno vi negherà un po' d'ospitalità.
    Dal villaggio partono diversi itinerari d'escursione sia per raggiungere le colonie dei draghi più nascoste, sia per chi vuole farsi un giro in montagna: ovviamente è sconsigliato mettersi in cammino senza almeno un paio di ranger esperti che facciano da guida, specie nella stagione invernale, perché con le montagne non si scherza... e con i draghi, ancora meno!
    Una peculiarità del paese sono senza dubbio le case costruite in stile Hézhang, ottenute grazie ad un metodo edilizio tipico della tradizione horii. Esse si contraddistinguono per il tetto dalla forma molto spiovente, che ricordano un libro capovolto, e dallo spessore massiccio, in grado di sostenere il peso della neve che scende abbondante nella stagione invernale, visto che superare i venticinque gradi d'estate quassù è considerata una rarità.
    Prevalentemente ci si sposta ancora a piedi, ma essendo lo Xijiang navigabile, non è raro che chi abita vicino all'acqua abbia la propria barca in "garage".
    Fra i residenti più peculiari vi sono una rarissima fenice d'acqua che ha preso dimora nelle limpide acque del fiume ed è conosciuta più o meno da tutti gli abitanti, qualche tigre gigante di Fuhua e - ben più numerosi - alcuni piccoli draghi che si divertono a fare capolino dalle abitazioni dei ranger che hanno preso in simpatia.

    Xiangguang, Cāng Máng-kai • catena montuosa dell'Hua.
    Tra la serie di montagne del Hua, si trova una montagna centrale chiamata Chu nu, alta 1.313 metri sul livello del mare, sulla quale si estende il piccolo villaggio di Xiangguan. Il paese si estende su un'area di 31,96 km² e ha una popolazione di circa 20.000 abitanti, la maggior parte dei quali è impegnata nelle principali attività produttive, come: la lavorazione del tè, l'allevamento di bestiame e la coltivazione del riso nella zona a valle.

    Il villaggio è caratterizzato da un ingresso ai piedi della montagna che conduce alle risaie nella zona della valle, una parte meno popolata del villaggio. Da lì si estende una strada piuttosto ripida che porta al cuore pulsante del borgo. Nel cuore del villaggio si trovano poche abitazioni, principalmente costituite da una decina di case con lo stesso tipo di architettura: un cortile ampio e luminoso, con le case ai quattro lati isolate e collegate da un corridoio. Infine, c'è un recinto chiuso con una sola porta d'ingresso.

    Nonostante le famiglie vivano in queste tipologie abitative, ci sono quattro case più imponenti in altezza, appartenenti alle cinque famiglie fondatrici del villaggio che governano Xiangguan insieme ai loro capifamiglia. All'esterno del centro, ci sono altre case sparse su tutto il Chu nu, principalmente fattorie o abitazioni scavate nella montagna.

    Ci sono anche due strutture peculiari: la torre della campana e un tulou. La torre della campana si trova nella zona più a nord ed è un'imponente struttura alta più di 500 metri, con una campana al suo interno. È un edificio antico tanto quanto il villaggio stesso ed è ancora utilizzato come caserma per le circa 20 guardie. Alla base della torre si trova un piccolo museo con pochi reperti archeologici conservati, principalmente riproduzioni.

    Infine, all'esterno delle basse mura che circondano il centro principale, c'è "la grande casa", un tulou costruito dalla famiglia Hankan Tao durante la fondazione del villaggio. Il fondatore, Ren Tao, aveva in mente un luogo in cui gli Hankan potessero vivere in pace con gli altri membri della propria specie e nel tempo altre famiglie si sono unite a questa grande abitazione. Grazie a ciò, anche un membro degli Hankan siede al consiglio delle cinque famiglie fondatrici.

    Nel villaggio ci sono diverse sculture dedicate a varie divinità, ma le principali sono tre: Sungura, Baldros e Garuda. Il villaggio festeggia la sua fondazione nel settimo giorno di Kaze, una data simbolica, con una sfilata che parte dalla valle fino alla torre, alla quale partecipano tutti gli abitanti. Non è raro che alcuni draghi sorvolino il villaggio durante la processione. Al fronte di questa processione ci sono i cinque membri delle famiglie fondatrici che, per l'occasione, si vestono con gli abiti tradizionali che portavano i propri antenati.
    A causa della sua posizione non particolarmente accessibile, Xiangguan non gode di un grande flusso turistico. Infatti, ci sono pochi luoghi che accolgono turisti e le case in affitto sono raramente occupate. Tuttavia, durante la festività sopracitata, si verifica un forte aumento dell'afflusso per tutta la settimana, con visitatori provenienti principalmente per visitare i numerosi mercatini che si estendono lungo le strade principali e per ammirare i fuochi d'artificio che vengono lanciati tutte le sere durante la prima settimana di Kaze. Un altro motivo per visitare Xiangguan in questo periodo dell'anno è il volo dei Symaryll, che si alzano dalla valle e sorvolano l'intero villaggio.


    Nome della storia, autore.
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    Nome della leggenda, diffusione.
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    Edited by yumæchu` - 13/6/2023, 15:22
     
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    Jabal:
    Arroccato tra i pendii delle colline di Hanmalai e i fianchi delle montagne della catena montuosa di Sadak, lo Stato di Jabal segna il confine tra la federazione del Wesir Unito e l’impero del Drago Nero dell’Horai. La sua posizione liminale è stata causa di una lunga e sanguinosa storia di conquiste, battaglie e distruzioni: la sua capitale è stata rasa al suolo ben quattro volte prima della campagna per l’unione degli Stati wesiri. Ancora oggi continua a essere oggetto di tensioni con l’impero, che ne rivendica il possesso in quanto abitata prevalentemente da cittadini wesiri di origine horii. La lingua ufficiale è lo shanti ke Martel, che però all’atto pratico risulta molto di rado più diffusa dell’horii-hen.
    La città fortificata che oggi sorge su un panorama spigoloso è dunque la quinta versione di Jabal, ricollocata in una posizione più favorevole alla protezione delle sue genti e circondata da cinque spesse cinte murarie, denominate “le cinque sorelle”, ispirate alla Hólmgarðr di Lykos, che le sono valse il titolo di “forte inespugnabile”.
    I vari governi susseguitisi negli ultimi secoli hanno adottato una strategia di riqualificazione e valorizzazione del territorio, trasformando le rovine delle quattro capitali in un ricchissimo sito di scavi che attira sciami di archeologi e turisti in ogni periodo dell’anno. Ciò ha gradualmente fatto di Jabal uno degli Stati più ricchi della federazione, per la gioia di tutti tranne che dei monaci di Korosan, antichissimo monastero costruito nei pressi della prima capitale che fatica sempre più a tutelare la quiete ricercata dai suoi abitanti e pellegrini.

    Salek:
    Per qualche motivo tutti si dimenticano di Salek. Sarà per la sua assoluta banalità, l’assenza di attrazioni turistiche, la qualità della vita nella media, l’infelice posizione geografica che la rende un satellite di Na’ir in cui alloggiare durante le convention per pagare di meno, ma nessuno si ricorda mai di Salek. Inutile dire che la gente ne ha fatto motivo di scherno, chi viene da Salek è sempre accolto con battute del calibro “impossibile, Salek non esiste”.
    Il punto è che non c’è davvero niente da dire su questa ridente cittadina costruita su un golfo, che da secoli vive di un’economia solida e perfettamente autosufficiente. O forse no. Magari invece c’è molto da dire su Salek, ma qualcuno preferisce che la situazione attuale non cambi, questo è ciò che si legge spesso su Continuum. Si vocifera di culti, mafie e complotti, ma le autorità locali hanno sempre assicurato che, al di là delle operazioni di routine, sia quasi noioso svolgere questa professione nella città dalla criminalità più bassa della federazione.

    Serah:
    Serah ha sempre vissuto della luce riflessa di Saad el Melik, e molto probabilmente è questo il motivo alla base della radicata antipatia che i suoi cittadini provano nei confronti della città-porto. Trascurabile nelle dimensioni, dall’economia ballerina e la qualità della vita tra le più basse della federazione, Serah è conosciuta per due motivi: cambia partito al governo a una frequenza allarmante ed è la mecca di meccanici e ingegneri.
    Sembra infatti che non ci sia pace per la sua classe politica, continuamente sulle prime pagine dei tabloid per questo o quello scandalo che costringono la figura di spicco di turno a ritirarsi dalle scene. Alcuni ipotizzano che sul governo di Serah gravi una maledizione o qualcosa del genere, ma la maggior parte della gente si limita a scherzarci sopra o sfornare meme dalla vita breve. Di certo c’è che il governo più longevo della storia di questo Stato è durato appena tre anni, quando le elezioni dovrebbero tenersi ogni cinque.
    Per quanto riguarda il secondo punto, invece, Serah ospita la più insigne facoltà di ingegneria del continente, organizza ogni Malin la più grande fiera delle nuove tecnologie e, con le sue fabbriche, è il principale fornitore di componenti per aeronavi. “Essere Rob il meccanico a Serah” è una forma di slang wesiro usata per affermare di essere al settimo cielo.

    Qalāt An-Nīssa:
    Soprannominata “Al-Minliar piccola”, la capitale dello Stato di Qalāt An-Nīssa sorge su un peculiare scenario in cui il mare, la foresta e il deserto si incontrano tracciando una netta linea di demarcazione tra Wesir Orientale e Occidentale.
    Con le sue dimensioni gargantuesche è, dopo Al-Minliar, Na’ir e Saad el Melik, la metropoli più estesa della federazione. Il suo soprannome non è dovuto solo allo stile architettonico d’ispirazione chiaramente alminliaria, ma soprattutto alla tecnologia basata sull’utilizzo del vapore e alle disastrose condizioni dell’aria, la quale viene ripulita con una cadenza regolare dai professionisti del Collegio runico.
    Qalāt An-Nīssa ha dunque sempre faticato a costruirsi un’identità propria, soffrendo del continuo paragone con la capitale e uscendone inevitabilmente perdente. Possiede poche caratteristiche oltre a essere una replica, per esempio vanta il più alto numero di chiese della federazione, tra cui spicca la cattedrale tanto imperiosa da snodarsi attraverso tre strade con ponti e gallerie sospese, una tradizione gastronomica tra le migliori della federazione, che mescola i sapori wesiri e horii. Infine, è la patria di grandissime stelle dello spettacolo e dell’arte, l’accademia delle belle arti della capitale è eccezionalmente rinomata in tutto il continente.

    Randa:
    Attraversato dal fiume Kailash, lo Stato di Randa occupa una modesta porzione della pianura del Khet e si affaccia sul deserto di Saas Mepa-Kaj. La sua capitale è denominata “l’ultima città prima del deserto”, non perché coincida geograficamente con la fine dei territori del Wesir Orientale, ma in relazione a come nei secoli Randa abbia sempre più perso l’identità di centro urbano per trasformarsi in un luogo di transizione a misura di viaggiatore più che di residente.
    Coi suoi alti e massicci palazzi, ammassati gli uni agli altri nella creazione di un paesaggio cittadino spento e poco stimolante, Randa detiene il triste primato di città meno verde della federazione e di Stato col maggior tasso di suicidi. Vanta l’eccellenza del trasporto urbano, i suoi mezzi pubblici sono sempre in perfetto orario, sempre freschi di manutenzione, sempre di ultima generazione. Coi suoi due aeroporti, ciascuno specializzato nel servire determinate tratte, e la moltitudine di stazioni ferroviarie, essa è il cuore pulsante dei grandi spostamenti interni alla federazione.
    La vita qui è frenetica, caratterizzata da ritmi instancabili e dalla fatica di arrivare a fine mese palpabile come in poche altre parti del Wesir. La gente di Randa non ha mai tempo per alzare il naso verso il cielo, e se anche lo facesse troverebbe solo le tristi facciate di mille palazzi tutti uguali a oscurarne l’azzurro.

    Shafee'a:
    Una piccola città costiera che gode del titolo di “ultima città wesira”, non perché di recente costruzione ma perché, prima della fondazione di Cheria, era effettivamente l’insediamento più a sud del Wesir. Oggi questo titolo spetterebbe tecnicamente a Cheria, ma per tradizione rimane legato a Shafee’a.
    Come Randa, anche Shafee’a nasce per motivi pratici, in questo caso col ruolo di ponte col Collegio runico e il regno del Niflheimr. Il suo antico porto era in antichità tappa obbligatoria per tutti coloro che intendevano attraversare lo stretto di Aglaé, motivo per cui oggi rientra nei tesori federali e ogni forma di danneggiamento è punita con multe salatissime. Questo non significa che non sia danneggiato, anzi l’intera città necessiterebbe di interventi strutturali che ne preservino la caratteristica bellezza, ma è risaputo che, per qualche motivo, a Shafee’a i soldi non bastino mai.
    Nota per offrire case a buon mercato, l’abitazione tipica qui è il villino a schiera dal tetto basso, le forme morbide e la facciata bianca e blu oltremare. Raramente le case contano più di due piani, le mansarde non sono in voga quanto gli scantinati o i garage, le strade sono in pietra levigata e i giardini poco diffusi. Il mezzo di trasporto più comune è la bicicletta, gli abitanti di Shafee’a sono in genere molto attenti all’ambiente e non esitano a bacchettare il turista irrispettoso che usa la strada come pattumiera. Come in ogni città costiera, la gastronomia ruota intorno al pesce e tutto ciò che il mare ha da offrire.
    È la città indubbiamente più comoda per chi intende studiare al Collegio runico senza usufruire dei dormitori, il servizio di navette è gratuito per gli studenti e parte ogni ora dalla piazza della stazione sia nei giorni festivi che feriali.

    Cheria:
    Fondata nel 541, Cheria ha subito preso il posto di Shafee’a come città più a sud del Wesir e collegamento navale con il regno del Niflheimr.
    Vanta il secondo porto più grande del continente, battuto solo da quello di Hachidori, attraverso il quale transitano giornalmente centinaia di imbarcazioni. È ormai nota la costante lotta tra le navi mercantili e le compagnie di crociera, che per beare i propri passeggeri della vista della bella città costiera intralciano il traffico navale mettendo così a repentaglio la sicurezza di tutti. Ancora oggi Continuum ricorda la vicenda di un capitano che, nel tentativo di avvicinarsi alla costa per omaggiarla di un inchino, causò un incidente che solo per miracolo non registrò vittime.
    È però conosciuta in tutta Kharlan con l’epiteto “la città dei fiori”, sia per la tradizionale festa dei fiori che si tiene in occasione di ogni Shanti ke Martel sia per le estese aree verdi, nate da un progetto di ricostruzione del paesaggio e miglioramento della qualità della vita dei cittadini. In virtù di ciò, i cittadini sono educati sin dalla scuola al rispetto degli spazi verdi ed è scontato che ogni abitazione sia decorata con piante e fiori.

    Chennasandra:
    Nato durante la guerra del Drago e della Fenice, in origine lo Stato di Chennasandra includeva i territori di Valasa e Cheria. Oggi come allora, gran parte della sua popolazione è composta da membri della comunità magica che, col favore del vicino Yggdrasill, dedicano la vita allo studio della magia. Furono proprio loro a tracciare la peculiare pianta a forma di semicerchio su più livelli della capitale: essa infatti si sviluppa più in altezza che in ampiezza, con cinque quartieri disposti su cinque piani, detti rami, connessi da ascensori e scale. Con le sue modeste dimensioni, il quinto ramo svetta in cima alla città e ospita esclusivamente l’Istituto di ricerca magica, da sempre stretto collaboratore del Collegio runico.
    I magici però non sono che una fetta della popolazione, l’altra infatti è composta da ricchi provenienti da tutto il continente in cerca di una località marittima lontana dalla società in cui trovare la pace della solitudine. Chennasandra è una città per ricchi, ambita meta turistica dove godere di spiagge paradisiache sorseggiando un caffè acquistato per otto dracia.

    Valasa:
    Ubicato nella penisola del Wesir Orientale, lo Stato di Valasa gode di uno scenario prevalentemente pianeggiante e di un clima favorevole per la maggior parte dell’anno. È il punto di congiunzione tra la pianura del Khet e i boschi di Chennasandra, le sue coste sono tra le più belle della federazione.
    Noto per essere lo Stato con meno attrattiva della federazione, Valasa è la patria della fuga di cervelli. Un tempo rinomata per la sua università d’eccellenza, la capitale è oggi afflitta dalla piaga delle nascite in calo e di una popolazione sempre più vecchia. Il mercato del lavoro, saturo di anziani contrari a cedere la poltrona alle nuove leve, osteggia il ricambio generazionale al punto da costringere i giovani a fare le valigie alla volta di Al-Minliar e degli Stati più vicini. Per restare a galla è necessario sapersi accontentare, accettare una lunga gavetta o godere di una raccomandazione.

    Silb:
    Lo Stato di Silb occupa una piccola porzione del Wesir Orientale a sud di Al-Minliar, posizione che ha reso praticamente obbligatorio collaborare con la comunità magica per evitare che le ingenti quantità di smog prodotte dalla capitale federale intacchino l’eccezionale qualità dell’aria di cui Silb può vantarsi.
    Eretta sul golfo del Wesir Orientale su modello dell’antica Hachidori, la capitale si articola su un grande delta che ne circoscrive i quartieri rendendoli vere e proprie isole collegate da ponti. L’architettura è standardizzata e richiama lo stile di Al-Minliar, con la differenza che sui tetti e le terrazze di tutti gli edifici, anche i più piccoli, sono piantati alberi e vegetazione di ogni specie adatta al clima wesiro. Per questo motivo Silb è stata soprannominata “la città-albero”.
    Pur essendo tra gli Stati più piccoli della federazione, il ricco patrimonio paesaggistico e l’elevata qualità della vita lo rendono una meta largamente ambita.

    Al-Wara & Kelas:
    Due Stati a sé stanti, ma trattati da sempre alla stregua di uno solo. In origine Al-Wara e Kelas erano infatti il regno di Kalmensi, una monarchia che prosperò fino all’anno 461, quando il re Cornelio II di Kalmensi fu assassinato in circostanze misteriose. Sebbene la verità non sia mai venuta a galla, all’epoca dei fatti l’accusa, non supportata da prove, fu rivolta alle due eredi al trono: le principesse Al-Wara e Kelas, che in un tentativo di discolparsi e vendicare la morte del padre frammentarono il regno e si dichiararono guerra. Così nacquero i regni di Al-Wara e Kelas, oggi Stati democratici e origine dello slang wesiro “essere come Al-Wara e Kelas” per indicare due persone stupide tra cui non corre buon sangue.
    Le città gemelle sorgono sulle due sponde opposte del lago Voukere, e sebbene le ostilità siano ufficialmente cessate da secoli i cittadini continuano a odiarsi vicendevolmente, additandosi con simpatici modi di dire come “meglio un morto in casa che un kelasano all’uscio”, “meglio morto cinque volte che una volta al-waro” o cori da stadio “kelasano infame, parla ancora di Al-Wara e tutte le tue gemme te le spacca la lupara”.
    L’architettura di entrambe richiama lo stile di Al-Minliar, solo molto più in piccolo. Né Kelas né Al-Wara godono di grande rilievo all’interno della federazione, finendo spesso per essere considerate l’ultima ruota del carro.


    I sette misteri del Collegio Runico, leggenda - Collegio Runico.
    Hai mai sentito parlare dei sette misteri del Collegio runico?

    1. Sono passati novant’anni da quella terribile sera di Hangye, durante la quale un’inserviente fu attirata da un odore nauseabondo proveniente dal bagno delle ragazze al settimo piano dell’edificio nord. Si dice che ciò che la donna si ritrovò davanti infesti ancora oggi il Collegio runico: una ragazza, chiamiamola… Reika, si fosse impiccata nel terzo bagno da sinistra. I suoi occhi erano usciti dalle orbite, la sua lingua penzolava gonfia e viola, le unghie spezzate e sanguinanti sembravano aver lottato per liberarsi dal cappio.
    Il bagno è da allora blindato, ma si dice che il professore di incantesimi di protezione di ruolo vi si rechi periodicamente per motivi che nessuno conosce. C’è chi dice che sia per sigillare lo spirito vendicativo di Reika dentro il bagno, chi invece sostiene che sia per impedirle di tornare sul luogo della sua morte. Qualunque sia la verità, una cosa è certa: nelle sere più fredde di Hangye, quando soffia il vento, delle urla strazianti attraversano il corridoio del settimo piano. Non mettere mai piede nel bagno in quelle sere, chi l’ha fatto non è mai tornato…

    2. Ti sei mai chiesto perché la camera 707 del dormitorio maschile dell’ala ovest sia sempre libera? Te lo dico io. Tutto accadde nel 984, l’anno in cui Oliver si sarebbe dovuto diplomare. Era conosciuto per il suo sinistro talento nella pittura, ma un misterioso incidente mise prematuramente fine alla sua carriera e alla sua vita. Nonostante la morte, qualcosa lo tenne ancorato al mondo dei vivi. Da allora infatti le pareti della camera 707 cominciarono a coprirsi spontaneamente di dipinti raffiguranti scene disturbanti e creature mostruose. Tutti gli studenti che furono assegnati alla camera 707 l’abbandonarono dopo massimo una settimana, farneticando di inspiegabili rumori e voci nelle ore notturne.
    Neanche il docente di demonologia riuscì a far luce sulla vicenda, così alla fine la camera fu chiusa per evitare ulteriori problemi. Gli ultimi che ci sono entrati affermano di aver trovato al centro della stanza un cavalletto con una tela incompiuta: alla persona raffigurata sembrerebbero mancare gli occhi…

    3. Hai mai desiderato di sparire nel nulla? In questa scuola qualcuno sembra averlo fatto. Se non hai mai avuto paura di entrare in biblioteca, da oggi l’avrai…
    Ci troviamo nel 999, un impavido gruppo di studenti decide di passare la notte in biblioteca per una prova di coraggio. Si diceva infatti che il precedente docente di oscuromanzia avesse dato le dimissioni congedandosi con un messaggio misterioso: lei si annida tra i libri della biblioteca, non lasciatevi prendere dall’ombra. Ma questo non scoraggiò gli incoscienti sei studenti dallo sfidare qualunque cosa si annidasse tra gli scaffali.
    Che ne fu di loro? Nessuno lo sa. Quando il sole sorse, tutto ciò che restava erano candele consumate e un quaderno sul quale avevano appuntato ogni cosa, oggi conservato assieme ai suoi misteri nell’ufficio del preside.

    4. Sabella aveva dedicato la sua vita a quella tesi, la tesi di dottorato con cui intendeva rivoluzionare il mondo della magia. Si era diplomata da oltre dieci anni col massimo dei voti, ma le sue ricerche l’avevano riportata al Collegio runico per studiare un misterioso fenomeno che sembrava manifestarsi proprio nel sottosuolo del castello.
    Usciva dalla sua camera, la 324 del dormitorio degli ospiti al quarto piano dell’edificio nord, solo per mangiare. Non aveva amici, non aveva affetti, aveva solo il suo sogno. Chissà se è mai riuscita a realizzarlo, chissà cos’ha provato quando aprendo la porta della sua stanza si è trovata davanti un muro.
    Già, perché la camera 324 sparì nel nulla durante i lavori di ampliamento del dormitorio, e senza che nessuno se ne rendesse conto o la piangesse, Sabella e la sua scoperta rivoluzionaria divennero parte integrante del castello.
    C’è chi dice che sia stato il preside di allora a ordinare di farla murare viva, ma probabilmente non sapremo mai la verità.

    5. Non salire mai sui balconi dell’ultimo piano se non vuoi che gli artigli adunchi del caos alato ti strappino gli occhi. Nessuno l’ha mai visto e nessuno sa cosa sia, ma se tendi l’orecchio nelle notti senza luna potrai sentire il suo richiamo…

    6. Tutti conoscono il Fear Sidhe Bouganville, ma nessuno lo ha mai visto in faccia. Si dice che Bouganville frequenti il Collegio runico da almeno un secolo, rubando continuamente l’identità degli altri dopo averli battuti a un gioco di carte. Perciò attento se qualcuno ti propone di giocare a carte, potrebbe essere l’ultima cosa che vedrai prima di diventare il nuovo volto di Bouganville…

    7. Se la notte prima dell’inizio degli esami ti trovi da solo in camera, con tutte le luci spente a eccezione di un’unica candela, e guardandoti allo specchio a mezzanotte ripeti tre volte “Dargon Zivka è il solo preside del Collegio runico”, alle tue spalle potrebbe apparire il vicepreside Weber senza faccia. O almeno questo è ciò che si dice. Chiunque abbia avuto la sfortunata idea di farlo sembra essere sparito nel nulla…

    Il fantasma del Collegio Runico, leggenda... o diceria? - Collegio Runico.
    "Non si stupì quando, superata la soglia del suo ufficio, lo sguardo dell'ipsissimus fu catturato per prima cosa dall'organo.

    [...]

    Si stupì, invece, che non sapesse dell'esistenza di quello strumento infernale, visto la leggenda che ci girava intorno. «Non hai mai sentito parlare del Fantasma?» domandò, passando di fianco alla tastiera e oltre la scrivania.
    In effetti, forse erano parecchi anni che Leitan non passava di lì. Egmund doveva essere troppo giovane per averne sentito parlare. Moltissimi anni addietro, forse attorno al 997, c'era stato un periodo in cui si sentiva suonare l'organo ogni notte in cui almeno una luna era piena. Era stato un periodo in cui Indra era ovviamente assente, e il colpevole non era mai stato trovato; così aveva iniziato a girare la voce che un fantasma infestasse le torri del collegio. Quando lo avevano chiamato per chiedergli spiegazioni Indra aveva risposto di lasciare un po' di carote disseminate per la stanza e appese alla porta, e gli episodi si erano attenuati. E questa è la storia di come le carote erano diventate un amuleto protettivo andato di moda per un paio d'anni."
    [ tratto da When something goes wrong, just yell PLOT TWIST and move on. ]


    Edited by Yukari - 4/12/2023, 17:28
     
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    La mummificatrice di Sjøen.
    Nadiya Rheinfeldt, nata come Nadiya Archambault (Lygna, 11 Siorai 985 ─ Sjøen, 16 Malin 1017) è stata una serial killer niflea.
    Nata mutaforma cervo nella foresta del Myrkviðr, ha abbandonato la vita bucolica per seguire Arslan Rheinfeldt, all’epoca giovane mago ricercatore, del quale divenne dapprima assistente e poi moglie. La coppia, stanziatasi a Sjøen, ebbe due gemelli nel 1008. I crimini cominciarono un anno dopo la loro nascita e ancora oggi il movente è sconosciuto, indiscrezioni parlano di una depressione post partum fuori controllo.
    Autrice di almeno diciannove omicidi accertati tra il 1009 e il 1017, ma si pensa che il totale delle sue vittime si aggiri intorno alle ventiquattro. I particolari disturbanti del suo modus operandi hanno tenuto col fiato sospeso il regno del Niflheimr e fatto per anni la fortuna dei tabloid, ispirando anche alcuni episodi di serie TV e il film “La cerva nera” (1022) del regista Lucian Toussaint.
    Lo scalpore provocato da questo caso nasce sia dal modus operandi attuato, che a lungo ha lasciato perplessa la scientifica e richiesto l’intervento dell’ispettorato magico, sia dalle descrizioni di chi conosceva personalmente Nadiya: una persona affabile e mite, moglie amorevole e madre devota. Una facciata ben costruita dietro la quale nascondeva il volto del male.
    Dai referti dei coroner risulta che la morte delle vittime avvenisse a causa del prosciugamento dei fluidi corporei, lasciando solo l’esuvia rinsecchita, da qui nasce il soprannome “la mummificatrice di Sjøen”. Data la mancanza di riparazione nelle vittime e l’impossibilità di compiere simili atrocità senza l’uso della magia, l’ispettorato magico dedusse che la Rheinfeldt dovesse avere la complicità di un demone per commettere gli omicidi, tale ipotesi però non è mai stata consolidata da prove schiaccianti.
    Dopo essere stata scoperta, Nadiya Rheinfeldt tentò una fuga disperata che terminò con il suo suicidio per rimozione della Silpetit. Forse, in quegli ultimi istanti, si rese conto che la sua vita era ormai al capolinea e preferì andarsene anziché pagare per i suoi crimini.
    In seguito alla sua morte, il marito e i figli hanno lasciato il regno del Niflheimr per evitare ripercussioni.


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    I tarocchi dei Fear Sidhe.
    Non tutti sanno che gli arcani maggiori utilizzati dagli esseri umani nella lettura dei tarocchi derivano da una tradizione ben più antica: quella dei Fear Sidhe, le cui icone sono state adattate circa settecento anni fa a un contesto più generale.
    Sebbene siano considerati dai più solo un frivolo oggetto da collezione o una variante degli arcani usati dagli umani, i mazzi di tarocchi dei Fear Sidhe sono ancora oggi abbastanza popolari ed è facile trovarli nei negozi di esoterismo. Ovviamente i Fear Sidhe non ne sono affatto felici.

    Come i tarocchi umani, anche quelli dei Fear Sidhe possiedono un significato positivo o negativo a seconda che la carta sia rovesciata o meno.

    0. Il matto - Il re umano (follia, sregolatezza, spensieratezza; ha sempre un’accezione negativa)
    1. Il mago - Il virtuoso (abilità, inganno, furbizia, potenzialità, fantasia, volontà)
    2. La papessa - La Magia (conoscenza segreta in tutte le sue forme, universo materiale e spirituale)
    3. L'imperatrice - La Regina (abbondanza, intelligenza, ambizione, erudizione, riflessione)
    4. L'imperatore - Il monte Sommhaut (potere, forza, concretezza, equilibrio)
    5. Il Papa - Judang (insegnamento, equilibrio tra materia e spirito, sacro, profano, esagerazione)
    6. Gli amanti - L'amore (occasione, possibilità, rischio, tradimento)
    7. Il carro - La valkyria (viaggi, gloria, vittoria, ostacoli, arroganza)
    8. La giustizia - La legge della natura (armonia, protezioni, punizione, equità)
    9. L’eremita - Johanna (cautela, ricerca, ascesa, conoscenza)
    10. La ruota della fortuna - Lo scambiato (fato, mutevolezza, capovolgimento, incontrollabilità)
    11. La forza - Il fuoco (disciplina, sicurezza, coraggio, forza interiore)
    12. L’appeso - La tortura (inevitabilità, perdita, prova, sacrificio)
    13. La morte - Yggdrasill (rinascita, evoluzione, liberazione, trasformazione)
    14. La temperanza - L’aria (tolleranza, altruismo, accettazione)
    15. Il diavolo - L'uomo (debolezza, eccesso, avidità, degrado)
    16. La torre - La città nel cielo (annientamento, rinnovamento, chiusura)
    17. Le stelle - Seiya (speranza, buona sorte, ricompensa)
    18. La luna - Serina (verità nascosta, viaggio tortuoso, dimensione onirica, passato)
    19. Il sole - Rion (successo, realizzazione)
    20. Il giudizio - Court des épines (l’inaspettato, guarigione, evoluzione emotiva e spirituale, autocondanna)
    21. Il mondo - Il Myrkviðr (pienezza, luce, futuro, bellezza, arte)


    Città argentata e Court des épines, foresta del Myrkviðr. [ IMG - IMG ]
    La città argentata è l’unico centro urbano di Kharlan abitato esclusivamente dai Fear Sidhe, situato nel folto della foresta del Myrkviðr (a sud del lago Furðustrandir, a ridosso della catena montuosa delle Couronnelle).
    Le sue porte sono metaforicamente aperte a qualunque tipo di Fear Sidhe e blindate per tutti gli altri. Per accedervi, un estraneo dovrà essere scortato da un figlio di Judang che garantisca per lui e si assuma piena responsabilità delle sue azioni. Più di ogni altra razza, infatti, i Fear Sidhe disdegnano i contatti col mondo esterno e in particolare con gli esseri umani. Questo sentimento di ostilità è percepibile in tutto: dalla scelta, ormai risalente a quasi mille anni fa, di un luogo isolato per stabilirsi definitivamente al vero e proprio pericolo di morte che si corre invadendo il loro territorio ─ perché sì, i Fear Sidhe vedranno come invasore anche un ambasciatore, se il suo arrivo non sarà stato preventivamente concordato.
    La città argentata è costruita su un complesso di cascate, un paradiso terrestre in cui la temperatura nei mesi più freddi crolla sotto lo zero, gelando le acque e rendendo la zona estremamente inospitale se non si è attrezzati in maniera adeguata. Gli stessi Fear Sidhe, per natura resistenti al caldo e al freddo, devono aiutarsi con la magia per sopravvivere al clima estremo del Niflheimr.
    Per il popolo delle emozioni il contatto con la natura selvaggia è assolutamente indispensabile alla sopravvivenza: se privati della magia di cui essa è pervasa, infatti, il loro corpo collassa tra atroci dolori. Questo è dunque il motivo ufficiale per cui le autorità niflee vietano qualunque attività umana nelle vicinanze della città argentata, dal disboscamento alla caccia. Chi tenti comunque di farsi strada dovrà fare i conti con alcune delle magie di camuffamento migliori di Kharlan: una fitta rete di illusioni rende la città difficile da individuare come un ago in un pagliaio, una sfida persino per i magici specializzati nell’arte dell’illusionismo.
    Non potrebbe essere più chiaro di così che i Fear Sidhe non vogliano essere disturbati, insomma.
    La città argentata ha una pianta circolare e si articola più in altezza che in ampiezza, con alti edifici dalle forme appuntite costruiti in fluorite e quarzo ialino. Le strutture sono collegate attraverso numerosi ponti, primo tra tutti quello che collega l’entrata alla piazza centrale, presso cui si trova la Court des épines. La natura è parte integrante del paesaggio urbano, tanto che alcune abitazioni hanno finito per essere invase dalle fronde degli alberi e il lago sottostante è usato come allevamento per le fenici d’acqua.
    Essendo i Sidhe Noirs deboli alla luce naturale, questa viene bloccata da una cupola magica che abbraccia tutta la città e che dall’interno appare traslucida. L’illuminazione è interamente affidata alla magia: gran parte degli edifici, in particolare i pavimenti, sono attraversati da rivoli di magia luminosi, da qui il nome città argentata.
    Al livello di comodità, proprio perché si reputano superiori agli umani, i Fear Sidhe si dilettano a scoprire e/o distruggere le bizzarrie umane in base al loro grado di utilità. Se qualcosa viene considerato degno di essere tenuto, se lo tengono. Tipo gli occhiali o il gioco delle freccette, che centotrentanove anni fa ha intrattenuto la popolazione con un torneo all’ultimo sangue durante la stagione estiva. Talvolta sono state tenute anche delle persone, molti Fear Sidhe trovano esilarante assistere al decadimento dei corpi soggetti alla devastante quantità di magia che permea il loro territorio. Ultimamente piacciono tanto le biciclette e si è diffusa la moda dello yoga.
    L’opulenza è nemica dei figli di Judang, gli interni degli edifici sono generalmente spartani e decorati più con fiori e piante che con mobili o arredi. A dominare incontrastate sono le tinte fredde o vivaci, c’è da notare che nella cultura dei coloratissimi Fear Sidhe il bianco è il colore associato al lutto e dunque ne va fatto un uso oculato.
    Nella parte più alta della città svettano le torri dell’edificio più imponente di tutti: la Court des épines, la corte regia della monarca Alexandra I. Non lasciatevi però ingannare dalle parole monarchia e corte regia: tra i Fear Sidhe non esiste una classe aristocratica convenzionale, dopotutto sarebbe ipocrita da parte loro farsi beffe degli umani per poi adottare i loro stessi usi e costumi.
    I nobili sono individui o discendono da individui che hanno compiuto azioni eroiche o degne di essere ricordate, in un sistema meritocratico che premia chi serve la comunità. Tra queste azioni rientrano il salvataggio dei propri simili, il respingimento di un nemico potente, l’essersi distinti nell’arte magica toccando vette mai raggiunte, etc. Non cose che capitano tutti i giorni, non a caso la percentuale di nobili della città argentata è molto ristretta. Oltre al titolo di nobile (non esistono gradi più specifici come conte, duca, etc.) e al rispetto dei propri fratelli, non si ottiene di fatto niente. Un nobile può essere spogliato del suo titolo se si copre di infamia o commette qualcosa contro la sua gente, ma per fortuna accade molto di rado.
    Solo la famiglia regnante abita all’interno della Court des épines, tutti gli altri nobili, proprio perché non si considerano migliori in niente, vivono sparpagliati per la città. La Court des épines è più un luogo di aggregazione e feste, che ospita delegazioni straniere raramente e sempre per periodi brevissimi di massimo poche ore. Una tradizione molto amata consiste nel riunirsi alla fine di ogni mese nel salone dei ricevimenti della Court des épines, dove i nuovi nati (di qualunque età, venuti al mondo in qualunque modo) sono formalmente battezzati e presentati alla comunità.
    A corte non esiste una vera e propria etichetta, anche l’ultimo dei Fear Sidhe può parlare liberamente con la regina dandole del tu, anzi le formalità sono viste come una bizzarria tipicamente umana.
    L’unica lingua parlata è il fear-iah, proprio come i loro vicini niflei anche i Fear Sidhe non amano parlare lingue straniere e non tutti conoscono l’ars oratoria. Oh, e ovviamente non seguono il dress code.


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    Edited by Yukari - 8/4/2024, 12:24
     
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    L'origine delle Eranisnachte, fiaba.
    C’era una volta, quando Aztlan era ancora avvolta dalle tenebre e Lykos non era altro che un piccolo villaggio arroccato tra i monti, una bambina affacciata alla finestra della sua piccola e vuota casa. Perché era affacciata, dite? Perché aspettava la sua mamma, una valorosa soldatessa andata a lottare sul fronte per respingere l’ennesimo attacco da parte degli invasori.
    Dopo una sanguinosa battaglia, la resistenza aztlena respinse l’attacco nemico liberando ancora una volta le coste della nostra terra dalle grinfie degli invasori. Ormai pronto a fare ritorno a casa, il plotone si rimise in marcia, ma purtroppo venne colto da una tempesta di neve talmente forte da far perdere loro l’orientamento. Nel buio e nel freddo, i soldati erano sperduti e solo un miracolo avrebbe potuto salvarli.
    Anche il villaggio venne investito dalla tempesta e tutti gli abitanti, ormai rassegnati per le sorti dei loro cari, si barricarono in casa in attesa che i venti si placassero. Tutti tranne la bambina, che, rimasta alla finestra, cercava con lo sguardo la sagoma di sua madre tra la neve. Non vedendola tornare, la piccola giunse le mani e pregò la dea Eranis, chiedendole di salvare la sua mamma e così, ancora in preghiera, si addormentò.
    La bambina si risvegliò all’interno di una vena mineraria di Cor Eranis e ne seguì la luce e il calore, fino a ritrovarsi in una splendida caverna illuminata a giorno dal minerale. Al centro della caverna si ergeva in tutta la sua forza Eranis e la bambina si inginocchiò al suo cospetto, chiedendole ancora una volta di salvare la sua mamma. L'imperturbabile dea le diede un’occhiata, allungò una mano argentata verso di lei e le lasciò tra le mani un preziosissimo pezzo di Cor Eranis.
    «Crea una fiaccola e ponila all’ingresso del villaggio. La luce guiderà il nostro popolo a casa.»

    La bambina si svegliò, ancora alla finestra. La tempesta infuriava ancora e del plotone nessuna traccia. La bambina si tirò su sconsolata quando si accorse che tra le sue manine, ancora strette a pugno, c’era proprio la gemma di Cor Eranis donatale dalla dea in sogno. La bambina non si perse d’animo e costruì la piccola fiaccola. Uscì sfidando il freddo e il gelo sotto lo sguardo attonito del villaggio e piantò la fiaccola all’entrata, urlando poi a gran voce il nome di sua madre. Gli abitanti del villaggio, commossi dal gesto eroico della piccola, la imitarono: presero i pochi risparmi in Cor Eranis che nascondevano con cura, costruirono le fiaccole e, una dopo l’altra, vennero piantate così da creare un sentiero di luce.
    Il miracolo avvenne e il plotone fu guidato nella tempesta dalla luce del minerale divino fino al villaggio. La bambina poté riabbracciare la sua mamma e da quel giorno, ogni anno, gli aztleni ricordano quella fiaccolata miracolosa illuminando tutta Aztlan con il sacro minerale di Eranis.
    Ed è così che secondo le fiabe aztlene nacquero le Eranisnachte.


    Edited by Kharlan GDR Staff - 2/1/2023, 22:18
     
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